Un’intervista su L’Estroverso del 12 febbraio

Alessandro Canzian, “scrivere poesia per tentare di comprendere il mondo”.

Di Grazia Calanna

Mettere in risalto il cuore pulsante dell’esistenza, la solitudine, scegliendo l’allegoria della coesistenza. E del resto, sovviene Pavese, tutto il problema della vita, l’ostacolo, la crosta da rompere rimane la solitudine dell’uomo (di noi e degli altri). Riflessioni che affiorano leggendo “Il condominio S.I.M.” di Alessandro Canzian (pubblicato da “Stampa 2009” di Marco Borroni, ne “La collana” a cura di Maurizio Cucchi), interessante lente d’ingrandimento i cui effetti collaterali non tardano a manifestarsi. Animano il farsi continuo della poesia: Olga (“La vita ritirata come un ragno.”), Carlo (“in attesa/ di qualcosa che non passa”), Anna (“non vuole essere toccata”), Giulia (“è tutta un’invenzione”), Silvio (“Non sapeva/ che ogni passo è una caduta”), Alberto (“La solitudine è una frattura,/ un arto fantasma.”), Alina (“Un conto con la vita/ da pagarsi con un’ernia.”), Aldo (“La solitudine non invecchia”). “Canzian – sottolinea Maurizio Cucchi nella prefazione, nell’interna articolazione poematica di questo Condominio, ce ne rappresenta l’insieme in veloci tratti o episodi, in formelle discrete e di limpida nettezza comunicativa. Così, la prosa del reale e della pagina acquista un suo lirico valore testimoniale”.

Qual è il ricordo (o un aneddoto) legato alla tua prima poesia?

Parrà banale, ma ho due ricordi al liceo legati alla poesia. E onestamente, avendo oggi 43 anni, non saprei dire se sia stato prima l’uno o l’altro. Uno era in relazione a un 4- preso in latino, parlava molto banalmente di un “lui” indefinito. Cose da ragazzi. Il secondo invece non era proprio poesia, più un racconto diaristico di un uomo che diventava vampiro ma combattendo contro la sua stessa natura, fallendo, osservando se stesso nella caduta. Ricordo in quel frangente molto probabilmente ripetevo le moltissime letture che facevo grazie anche alle edizioni Newton Mille Lire, che molti ancora ricordano. Pessime traduzioni, ma avevano reso la letteratura accessibile economicamente a molti ragazzi. In quel caso specifico avevo inserito quattro versi legati a dei colori, dove bianco e nero si mescolavano contestando la natura simbolica di entrambi. Lì un professore, a cui avevo fatto leggere il diario (veramente poche pagine), aveva sottolineato che di tutto erano particolarmente interessanti quei versi. Ho quindi cominciato a scrivere andando a capo. Non era ancora poesia e forse non lo è ancora. Ma ne aveva e ne ha l’intenzione.

Quali i poeti (e, più in generale, gli autori) significativi per la tua formazione?

Vado alla rinfusa: Edgar Lee Masters, Edgar Allan Poe, Guy de Maupassant, Sesto Properzio, Francesco Petrarca, Gaio Valerio Catullo, Milan Kundera, Giovanni Pascoli, Giuseppe Ungaretti, Mario Luzi, Eugenio Montale, T. S. Eliot, Salvatore Quasimodo, Paul Eluard, Ferruccio Benzoni.

Quale (e per quali ragioni) poeta e relativi i versi che non dovremmo mai dimenticare?

Ognuno ha veramente i propri. E non è possibile generalizzare. Posso quindi parlare dei versi che hanno segnato la mia vita, letteraria in primis e poi personale.

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