Di Riti di seduzione ho già scritto l’anno scorso (QUI) per cui in questo post non mi dilungherò in nuove impressioni di lettura. Presenterò Ottavio a Pordenone, nella saletta Degan della Biblioteca Civica, il 5 aprile. Il giorno dopo correrò a Milano a vedere la presentazione de Il numero completo dei giorni di Giovanna Rosadini (che ho recensito QUI ma in altro volume) assieme ad Ottavio, e lì conoscerò anche Chandra Lidia Candiani (recensita QUI). Un fine settimana impegnato all’insegna della Poesia quindi. Che si apre con questo bel libro edito da Nomos Edizioni nel 2013 e che ho già avuto il piacere di presentare a settembre scorso a Milano, al Circolo della Stampa (assieme ai libri di Mary Barbara Tolusso, Sonia Gentili, Amos Mattio, Giovanna Frene). Per me Riti di seduzione è una sorta di ritorno, di umanissima stasi (facendo il verso a Cucchi che firma la prefazione) dove riflettere sull’accaduto della vita, sulla necessità umana del bene e la sua realtà, la sua felicità, la sostanza di questa felicità. Riti di seduzione è ciò che resta della vita e ciò che torna, fondamentalmente con un sorriso un po’ agro.
Riporto integralmente la prefazione di Maurizio Cucchi e alcuni testi:
Nelle tre sezioni di questa ampia raccolta di Ottavio Rossani il dato più evidente è nell’affabilità del racconto, che sa cogliere una quantità sorprendente di reperti dell’esistere, come riaffioranti da una memoria ormai senza tempo, e che comunque tende a protrarsi, a spingersi fino in fondo, fino alle radici, ai tempi remoti della giovinezza. Ma se la pronuncia è sempre riconoscibile, se il tono medio e discreto della voce attraversa tutti i territori della raccolta, non di meno risultano evidenti la volontà e la capacità dell’autore di muoversi su forme e misure diverse, su strutture e ritmi che volta a volta, nei tre capitoli in cui il libro è diviso – Seduzioni, Cartoline e Finestre aperte – definiscono uno stile che sa adattarsi alla materia trattata, alla sua specificità, creando ogni volta la musica appropriata. E dunque, se nella prima sezione prevale un andamento di più largo fiato, con frequenti escursioni in una certa regolarità strofica e comunque in composizioni più materiche e prosastiche, in Cartoline il meccanismo (del resto dichiarato dallo stesso titolo) è quello della brevità, del flash, dell’epigramma, dell’annotazione lirica sospesa; a volte quasi di un avvicinamento all’haiku. Ulteriore movimento compie Rossani nel capitolo che intitola Finestre aperte, dove realizza una serie di bozzetti o microracconti in versi di vivo colore, in cui riappaiono i ricordi, un mondo della giovinezza e di un Sud vissuto con senso di felice appartenenza, ma anche con una forte spinta alla conquista di un altrove dove meglio investire le risorse di un’età in cui il possibile era ancora aperto. In questi microracconti troviamo aneddoti e situazioni, figure e personaggi, usanze; appaiono il desiderio dell’adolescenza, i giochi, la violenza, la realtà quotidiana di una Calabria a cui l’autore è legato, e a cui continua a tornare, con amore e trasporto, ma senza ombra alcuna di celebrazione retorica o di facile canto nostalgico. D’altronde, questo nuovo libro di Rossani si sostanzia di un elemento importante, che è quello di una pacata saggezza, frutto, certo della maturità e dell’esperienza varia dell’autore, ma anche di una naturale disposizione a un felice equilibrio riflessivo, che spesso si manifesta nella sintesi di alcune nitide battute: “siamo sospesi / sul filo di un frainteso”, oppure, ben condivisibile: “il cinismo è diventato corazza”, o ancora, davvero molto sottile: “Oh, vita sempre nuova, / anche in devolvenza”. E qui possiamo registrare la positiva adesione alla vita, all’esistere, dell’autore, che pure, come ben leggiamo in questo libro, ha raccolto prove personali numerose di presenza del dolore, nel corpo e nella mente troppo spesso “ingabbiati” dal dolore stesso, oltre che di una “miseria nascosta nello sfarzo”, come fenomeno tipico del nostro tempo storico. Insomma, Riti di seduzione è un libro di umanissima maturità poetica, al quale, da parte mia, auguro tutta la fortuna che si merita.
Saluti
Se l’ultimo giorno di vacanza
sembra l’ultimo giorno di vita,
se i saluti affettuosi diventano
impensati giochetti di crudeltà,
se prima di partire torni
a riempire gli occhi
della linea blu sugli scogli,
se sul Corso rivedi con affetto
alcuni volti persi e ritrovati
come li lasciasti la prima volta,
se dopo lamenti e indignazioni
ti si stringe la gola sopra la Galleria
dove c’è l’incomparabile confine
che ti vede già lontano,
se questo accade tutto insieme
in un brevissimo mattino dorato,
è perchè a dispetto amerai sempre
l’indisponente luogo d’infanzia
diventato ormai una città
di stranieri ignoti e indifferenti.
Felicità
Se felicità esiste,
come tu sostieni,
sarà ellittica, avulsa
dal luogo designato.
Come identificarla
tra le forme cangianti
dell’inatteso dolore…
Ambiguità
Comincia dagli occhi
il senso della bellezza,
si trasforma sulle labbra
in irsute ambiguità.
Bellissimi i capelli.
L’unica possibilità
è allontanarsi
dallo strapiombo.
Facevano piccoli cappi d’erba
e aspettavano al varco le lucertole
tra i canneti alla foce dell’Ancinale.
Alle bestiole infine mozzavano le code.
Quei ragazzi oggi canuti sentono
ancora rimorso per un crimine.
Si giocava a rimpiattino nella segheria.
Le cataste di legni sagomati sembravano
inviolabili mura di un castello medievale.
Correndo ci si poteva scorticare un dito,
tagliarsi la pelle di una spalla,
o ferirsi in fronte contro un ostacolo.
La sera, a casa, si aggiungevano le botte.
Il ricordo delle libere scorribande
confortava le notti dei diversi dolori.
Quella forse era felicità.
Andava a trovarla dopo cena
quando gli occhi spioni dormivano.
Le parole avevano una grande forza,
legavano i destini ogni volta di più.
C’erano le ombre degli ulivi,
c’erano gli sguardi complici,
c’erano le speranze inespresse.
Anche dopo la partenza
restarono avvinti nel sortilegio
della bellezza e del desiderio.
La favola fu a lieto fine
solo per un brevissimo tempo.
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