Bella, come un quadro di Monet

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Perchè è questa la tua mancanza.
Le cose piccole del giorno, la
pioggia e il chiamarti che ti vengo
a prendere per la spesa, i tacchi
che spingono nell’acqua, il dirti
dai preparati che andiamo
a Cortina, o preferisci Frisanco?
Si è più vicino, tutto è più vicino
anche se così lontano, da te.








Bella, come un quadro di Monet,
come La voce a te dovuta
che ho appena letto dedicandoti
un paio di versi, qualche virgola,
un punto. Bella come un inverno
di pioggia e mancanza, seduta
lontana, e nemmeno mi guardi.
Se solo riuscissi a non amarti.








Ogni notte faccio l’amore con
la tua assenza. Sfilo l’intimo
dalla tua ombra, sfioro l’orma
che lasci sul letto – in fondo non
è molto profonda che sei leggera
come un qualcosa che se ne è andato
da tempo –, e ti chiedo se hai sonno
o vuoi che ti faccio un po’ di the.
Tu rispondi come da dentro un vuoto.
«Si amore, lo bevo volentieri».








Mi sveglio alle cinque di mattina,
tra le mani l’odore ancora chiaro
del tuo corpo, nel tuo corpo la mia sera.
Alle otto apro le finestre, il mondo
ha un senso di capelli ancora in bocca
– ne trovo anche facendo la pipì
e sono il segno della tua presenza -.
Alle nove ti preparo un caffè
senza tazza e senza acqua, cerco
il cellulare, penso a un sonetto
di cui non sono capace, penso a te
di cui non sono capace, e si fanno le undici
troppo presto ancora per vivere.








Una collana su uno sfondo nero
è questo l’amore che ti porto.
Amore per cose semplici, banali.
Amore per i passi, la gonna
strappata in auto, i capelli
in disordine all’uscita dal letto.
Un amore fatto di perle, finte
come un mito che ha pur sempre
un fondo di verità, una leggenda.
Un sorriso che emerge dall’oscuro.








Giovedì 6 febbraio, ore 16.
È tempo che ritorni a piovere.
Potresti chiedermene il motivo
e ti direi che la pioggia che scivola
tra i tuoi capelli è già motivo
sufficiente a far piovere, che
il diluvio del tuo corpo è stagione
che non vorrei cambiare, è ramo
e radice di Maniago, è febbraio.








L’amore perso è una memoria.
Ma non di gesti, momenti
come a Trieste quando ti presi
tutta in braccio. Restano
le parti che hai perduto,
la piega delle labbra, la curva
morbida dei fianchi. Resta
l’anatomia di ciò che ti è strappato.








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12 pensieri su “Bella, come un quadro di Monet

  1. Ho scritto queste poesie (a parte l’ultima, che è un rifacimento di un testo già pubblicato qui sotto il titolo “Missing you”) tra ieri sera e stamattina. Scrivendole mi sono accorto di una realtà tanto ovvia quanto banale, quanto terribile, della poesia. La poesia è mimesi. La poesia non riesce a rendere completa giustizia di un momento altissimo quanto profondissimo, nel bene o nel male. Ieri ho visto la donna a cui sono dedicate queste poesie. Donna che non vedevo da mesi. Che non sento da mesi. Certo comprendo che scrivere di una donna amata e persa è una delle cose più banali che si possano fare. Ma io considero la mia persona banale. Così come questa poesia. Non mi soddisfa. Non mi soddisfa sopratutto perchè lei ieri era di una bellezza perfetta. Ho cercato le parole più adeguate per descrivere le sue gambe, i suoi capelli. Ho cercato citazioni nella mia libreria. Ho scritto e riscritto il medesimo testo senza riuscire nemmeno un poco ad avvicinarmi alla perfezione di quell’immagine. La poesia è una mimesi imperfetta, che non basta. Con la poesia cerchiamo almeno un poco di ricreare il momento, la sua estetica (o la sua etica, come dice Guglielmin in un articolo apparso su versanteripido), ma è tutto solo un “bad painting”. Lei era in compagnia, e non abbiamo nemmeno parlato. Non posso parlarle, e nemmeno in fondo lo voglio fare. Non amo infastidire le persone che non mi vogliono più. Non l’ho mai fatto e non lo farò mai. Sopratutto perchè in questo periodo (e non è un giudizio il mio) un uomo che cerca una donna viene considerato uno stalker. Solo alcuni anni fa era considerato un uomo innamorato. Alcuni secoli fa un poeta. E la storia è piena di poeti innamorati che creano grandi opere per una donna. Properzio per Cinzia, Catullo per Lesbia, Dante per Beatrice, Petrarca per Laura (anche se….) e via dicendo. Eppure è tutto così terribilmente banale. Il poeta è banale. La poesia è banale. Non lo era lei ieri. Così bella. Così bella che non potete immaginare.

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  2. Complimenti, Alessandro. Gli inserimenti del quotidiano – la spesa, Cortina o Frisanco, la pipì- a stemperare la gravità dell’amore (hai anche cambiato la chiusa alla seconda poesia, giusto?); o a decretarne la gravità.

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  3. “Odio i miei versi, ogni riga, ogni parola.
    Oh pallide fragili matite a cimentarvi con la curva
    D’un solo filo d’erba, o con la gola d’un uccello
    Appoggiata al ramo, arruffata contro il cielo bianco.
    Oh specchi incrinati e opachi, provatevi ad afferrare
    Un solo colore, un fuggevole lampo, o lo splendore delle cose.
    Cacciatore sfortunato, pallottole di cera,
    La bellezza leonina, le ali del cigno selvatico, la tempesta d’ali”.
    – Questo cigno selvatico, il mondo, non è preda di cacciatore,
    Pallottole migliori delle tue non colpirebbero il petto bianco,
    Specchi migliori dei tuoi si frantumerebbero nella fiamma.
    Che importa se tu odi… te stesso? Ama almeno
    I tuoi occhi che vedono, la tua mente che intende
    La musica, il tuono delle ali. Ama il cigno selvatico.

    Robinson Jeffers

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  4. Questo è un ottimo modo per essere “banali”, forse anche i grandi Poeti che hai citato si sono sentiti come te, eppure ci hanno lasciato il miracolo della bellezza poetica immortale.
    Coraggio Ragazzo, la vita è anche colma di questa meraviglia che stai vivendo: la meraviglia che una volta ti ha toccato e folgorato ed è proprio questo dolore immenso che identifichi con la perdita dell’amata che fa entrare profondamente nell’interiorità del nostro più intimo sentire e ci fa urlare, sussurrando versi che hai scritto…
    Le poesie che qui ho letto danno dignità alla sensibilità più nobile che un essere umano può esprimere, n

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  5. Alessandro hai scritto cose davvero belle ma non sono d’accordo su quanto hai scritto.
    La poesia e i poeti non sono mai banali perché vedono una realtà che sfugge a tante altre persone. Un sorriso, Lila

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  6. Dentro la perdita una tenerezza calorosa e sensuale che non ha paura di mostrarsi. Dell’amore ci manca anche la quotidianità, La ” banalità” che impasta le nostre vite. I grandi poeti ne hanno sempre parlato. Complimenti.

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