E adesso prendo le gocce per dormire.
Le prendo per amore, per svegliarmi
ancora accanto a te, le prendo per toccare
la piega delle gambe, il bacino, le
scapole calde della notte. Le prendo
per dire bene il tuo nome, scandire
come una poesia di Eluard il verso
che gira nella lingua, fosse un bacio.
Adesso prendo le gocce per amarti
come una poesia scritta in un taccuino.
Bisogna veramente essere disperati
per scrivere d’amore. Quando fa
notte e per lei non dormi, non
bastano le gocce, i ricordi, nemmeno
il volerla vedere lì nel letto, lo
svegliarla «dai amore parliamo
delle cose dolci della vita». No
è proprio sciocco scrivere d’amore.
E se anche aspetto di morire
– o quella morte che ti lasciano
le gocce, per qualche ora – torno
a dire le cose che mi mancano.
Il tuo zigomo sinistro, e il mignolo
destro. Mi manca la tua coscia
appena sopra le ginocchia, e il tallone
che portava dritto alle tue dita.
E i capezzoli di ruggine dolcissima.
Terribil.mente bella
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struggente. soprattutto la pena di non riuscire a smettere di scrivere.
le poesie d’amore rischiano sempre di girare su se stesse.
eppure qui sanno portare la forza di questa fragilità, renderla lama.
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