Ho incontrato per caso questa poesia di Vittorio Gassman mentre stavo ascoltando su youtube delle vecchie canzoni di Roberto Vecchioni (persona tra l’altro squisita, che ha avuto la gentilezza di prefare un libro della Samuele Editore: Tutto il bene che ci resta, raccolta antologica di poesie al papà di Roberto Cescon, Alessandro Canzian, Arnold de Vos, Alberto Trentin, Rossella Luongo, Sergio Maria Serraiotto, Andrea Roselletti, Guido Cupani, più sei poesie di Franco Buffoni e un secondo scritto prefatorio di Francesco Tomada).
Il cantautore italiano nel video legge con notevole trasporto questi versi semplici eppure accorti, misurati e scelti, condivisibilissimi perchè non si appellano in effetti a nessun Dio reale.
In questi versi non c’è Dio, Allah, Jahweh, ma c’è il bisogno umano dell’idea di Dio. Di un padre assoluto a cui appellarsi, a cui chiedere perdono non tanto perchè Dio possa realmente perdonare (ribadisco qui non si parla della sua esistenza) quanto perchè una delle nostre più intime e profonde esigenze è quella di essere perdonati. Solo venendo perdonati da qualcuno, sia Dio o uomo o donna, possiamo veramente perdonare noi stessi. E trovare pace nella misura del possibile.
In questa poesia Dio non è Dio ma un’ancora di salvezza privata, essenziale quanto la sua immaginaria risposta che, ripeto, è chiesta ma non presente nel testo se non come voce sentita di altre storie, come un so che a volte.
In ultimo da notare l’inizio della poesia, che dice tutto il rapporto tra l’uomo e Dio: Sempre ti chiamo / quando tocco il fondo. Per concludersi poi con quella che è l’unica vera preghiera umana. Che si rivolga a Dio, agli uomini, alle donne, è sempre la stessa: Rispondimi!
Questo il link youtube alla lettura di Vecchioni: https://www.youtube.com/watch?v=_xczJckoqSg
A Dio
Sempre ti chiamo
quando tocco il fondo,
so il numero a memoria
e ti disturbo come un maniaco
abbarbicato al telefono;
lascio un messaggio se sei fuori.
So che a volte cancelli
a qualche fortunato
il debito che tutti con te abbiamo.
La bolletta falla pagare a me,
ma dimmi almeno
che non farai tagliare la mia linea.
Ti prego, quando echeggerà
quell’ultimo e dolorante squillo,
Dio-per-Dio!
non staccare: rispondimi!
@Samueleeditore la genesi di un esigenza umana TWITTER EXPL EMOZIONALE #poesia pic.twitter.com/Iqy5ESKjP7
"Mi piace""Mi piace"
Mi viene da pensare a un’altra preghiera, il “Padre nostro” di Nicanor Parra. Lì il tono è ironico, dissacratorio e, tuttavia credo, che esprima il senso drammatico della solitudine umana.
Un caro saluto
"Mi piace""Mi piace"
Grazie iraida2
Metto la poesia che hai segnalato per completezza:
Padre nostro che sei nei cieli
Gravato da ogni tipo di problema
Con la fronte aggrottata
Come se fossi un uomo qualunque
Non pensare più a noi.
Comprendiamo che soffri
Perché non riesci a risolvere le cose
Sappiamo che il demonio non ti lascia tranquillo
Disfacendo quello che tu hai fatto.
Lui ride di te
Eppure noi piangiamo assieme a te:
Non preoccuparti delle sue diaboliche risate.
Padre Nostro che sei dove sei
Circondato da angeli sleali
Sinceramente: non soffrire più per noi
Devi rendertene conto
Che non sono infallibili gli dei
E che noi altri perdoniamo tutto.
(Traduzione di Marco Ottaiano)
In lingua originale:
PADRE NUESTRO
Padre nuestro que estás en el cielo
Lleno de todas clases de problemas
Con el ceño fruncido
Como si fueras un hombre vulgar y corriente
No pienses más en nosotros.
Comprendemos que sufres
Porque no puedes arreglar las cosas.
Sabemos que el demonio no te deja tranquilo
Desconstruyendo lo que tu construyes
El se ríe de ti
Pero nosotros lloramos contigo:
No te preocupes de sus risas diabólicas.
Padre nuestro que estás donde estás
Rodeado de ángeles desleales
Sinceramente: no sufras más por nosotros
Tienes que darte cuenta
De que los dioses no son infalibles
Y que nosotros perdonamos todo
tratto da: http://www.sagarana.net/rivista/numero35/poesia1.html
"Mi piace""Mi piace"
la versione originaria aramaica del Padre Nostro recita:
“Padre Nostro che sei tra noi”
e qui già…molto muta
"Mi piace""Mi piace"
Grazie a te. Spero non ti dispiaccia se aggiungo questo link, tratto dal mio blog
http://iraida2.wordpress.com/2011/12/23/la-gravita-della-vita-la-levita-della-poesia/
"Mi piace""Mi piace"
No anzi, molto bello
"Mi piace""Mi piace"
per Vostra riflessione aggiungo la versione originale dell’Inno a Zeus dello stoico Cleante (III°sec.a.C) una delle più elevate preghiere dell’antichità, da cui derivò il Padre Nostro.
O più glorioso degli immortali, sotto mille nomi sempre onnipotente,
Zeus, signore della natura, che con la legge governi ogni cosa,
Salve; perché sei tu che i mortali han diritto d’invocare.
Da te infatti siam nati, provvisti dell’imitazione che esercita la parola,
Soli tra tutti gli esseri che vivono e si muovono sulla terra;
Così io ti celebrerò e senza sosta canterò la tua potenza.
É a te che tutto il nostro universo, girando attorno alla terra,
Obbedisce ovunque lo conduci, e volentieri subisce la tua forza;
Così grande é lo strumento che tieni tra le tue mani invitte,
Il fulmine a due punte, fiammeggiante, eterno.
Sotto i suoi colpi, tutto si rafferma;
Per suo mezzo reggi la Ragione universale, che attraverso tutte le cose
Circola, mista al grande astro e ai piccoli;
Grazie ad esso sei diventato così grande ed eccoti re sovrano attraverso i tempi.
Senza di te, o Dio, non si fa niente sulla terra,
Né nel divino etere del cielo, né nel mare,
Tranne che quel che ordiscono i malvagi nella loro follia.
Ma tu sai riportare gli estremi alla misura,
Ordinare quel che é senz’ordine, e i tuoi nemici ti divengono amici.
Perché tu hai armonizzato così bene insieme il bene e il male
Che vi é per ogni cosa una sola Ragione eterna,
Quella che fuggono e abbandonano i perversi tra i mortali,
Disgraziati, che desiderano senza sosta il possesso dei (pretesi) beni,
E non badano alla legge universale di Dio, né l’ascoltano,
Mentre, se le obbedissero con intelligenza avrebbero una nobile vita;
Da se stessi si gettano, insensati, da un male all’altro;
Questi, spinti dall’ambizione, alla passione delle contese;
Quelli, volti al guadagno, senza alcun principio;
Altri, sfrenati nella licenza e nei piaceri del corpo,
(Insaziabili) vanno da un male all’altro
E fan di tutto perché succeda loro proprio il contrario di quel che desiderano.
Ah! Zeus, benefattore universale, dai cupi nembi, signore della folgore,
Salva gli uomini dalla loro funesta ignoranza;
Dissipa questa, o padre, lungi dalle loro anime; e concedi loro di scorgere
Il pensiero che ti guida per governare tutto con giustizia,
Affinché, onorati da te, ti rendiamo anche noi grande onore,
Cantando continuamente le tue opere, come si conviene
Ad un mortale, poiché né per gli uomini é più grande privilegio
Né per gli dèi, di cantare per sempre, nella giustizia, la legge universale.
"Mi piace""Mi piace"
Belle queste divagazioni/complementi
Grazie
"Mi piace""Mi piace"
Chi ha scritto queste righe penso non conosca il Dio che ha conosciuto Gassman, ne il senso della poesia.
Allego qui un’altra poesia di Gassman sullo stesso tema:
“A Dio (fermoposta)”
Ho usato parole e parole,
consumato ogni prosodia,
ogni metro, ogni mania vana per dire,
senza mai capire che sotto a quelle fole stavi nascosto Tu, Parola muta e assoluta per dire anche il silenzio.
Mai più Ti (e mi) perderò nei giochi della rima
se non per annunziare che Tu puoi rifare di me il me migliore, di “prima”.
Dalla tua cima su me sei balzato,
mi hai stanato. Lo vedo e tutto Ti cedo.
Sono io ora a tacere.
E Tu raccontami, Dio.
Vittorio Gassman
"Mi piace""Mi piace"
Cristiano in realtà si tratta proprio di una poesia di Gassmann
"Mi piace""Mi piace"