Prove di libertà
Stefano Dal Bianco – Mondadori 2012
Domenica 10 novembre presso il Castello di Villalta verrà riconosciuto a Stefano Dal Bianco, per il suo Prove di libertà (Mondadori 2012), l’omonimo premio Castello di Villalta. Seimila euro per una giuria composta da: Antonella Anedda, Alberto Bertoni, Roberto Cescon, Azzurra D’Agostino, Tommaso Di Dio, Roberto Galaverni, Massimo Gezzi, Antonio Riccardi, Piero Simon Ostan, Gian Mario Villalta.
Nel sito http://www.castellodivillaltapoesia.com/rassegna-bibliografica-di-prove-di-liberta-stefano-dal-bianco/ c’è un’intervista lunga e particolareggiata all’autore con altri apporti che insomma possono dire di questo libro più di quello che potrei io.
Un’opera che viene definita come non una filosofia in versi, anche se alla lettura un certo rapporto filosofico col mondo mi pare indiscutibile. Rapporto che porta all’evidenza tutte le sue difficoltà ma anche delicatezze sopratutto quando si parla degli affetti. Un rapporto contorto che spesso fa emergere una visione aporetica, una negazione, anche una domanda posta senza l’esigenza di una risposta. Il tutto in un dettato diretto, semplice, altamente comunicativo.
Dimenticherai tutto, non guarirai in niente del tuo male. Questo è il tuo libro, contiene tanto della tua miseria. Spiega la tua follia, ma a te in modo differente. Sarà inutile, perchè ne farai uno strumento di offesa e di difesa. E però questo è il tuo libro. Dimenticherai tutto e sarà tuo, soltanto tuo.
Dalla gabbia
Vi sono giorni di debolezza estrema
poiché – dice qualcuno – la pressione
atmosferica di fuori,
che ha potere sui corpi, essendo bassa,
si consustanzia a noi fin dentro il sangue
con la sua tenera virtù di morte.
Ma altri vi potranno assicurare
(e oggi io sono tra quelli)
che tutto questo spossamento, in certi giorni,
non procede dall’aria né dal corpo
ma è soltanto dolore
di anime costrette,
solitudine di molti,
vuoto vissuto male,
mancanza o assenza di uno scopo.
Gradazioni
Stiamo in una certa solitudine, tu ed io
(se sapessi chi sei o come ti si chiama)
ma devo dirti grazie, come sempre,
per sempre lo stesso motivo, che nel vuoto
così intero in cui tu stai
mi tiri dentro…
e volentieri vengo (recalcitrando solo
pro forma, facendo finta per un po’,
per abitudine, che qualcosa ci sia
da difendere ancora
nella mia vita…)
Così vengo con te,
lasciando andare i nomi delle cose care,
senza destino,
in perfetta solitudine…
Ed è un percorso, amore mio,
che passa per un vuoto
ma che non trova il vuoto;
ché sempre tu mi rassicuri
e nel tuo modo alieno di certezze,
stanco, imbarazzato
forse anche mi guidi
(tu che non sei mai niente o solo
l’amore mio
evanescente e bianco soffice di nubi…)
Così per molti giorni avendo
traversato
sono passato
da un troppo pieno, a un vuoto, a qualcos’altro.
Ci vengo volentieri, adesso, ti ringrazio
e qui mi fermo
(ma tu chi sei, e come ti si ferma?)
Per la mattina dopo del mio amore, prima che vada al lavoro
Ho toccato la felicità stasera
solo perchè ero stato via per una settimana intera
senza pensare, lo confesso, più di tanto a voi per tutto il tempo,
preso da chissà quali altri pensieri
– di spostamento, di lavoro –
mi ero come dimenticato
della mia sola fonte di sostentamento,
del mio bambino e del mio amore,
prima di aprire la porta di casa stasera.
E la stanchezza, no, non è svanita in quel momento
ma si è fidata della vostra leggerezza,
sciogliendosi per questo in noi o innalzandosi.
In questa nostra zona franca ma non senza memoria
siamo ancora nel momento in cui scrivo
e mi allontano, sì, da noi, da casa nostra ma per poco,
per quel tanto che basta a raccontare e ringraziare
di leggerezza e vita, e di dimenticanza.
Come ti chiami
A volte sembra che il tuo nome
e tutto ciò che credi d’essere scolori,
e lì nel centro della nullità paurosa
si distingue qualcosa
che tu sai essere te
ma non sai come chiamare
non sai mai come fermare
prima che torni ad essere dal bianco.
Cambio di persona
Tenta di ravvedersi, entra nel buco della morte
si sforza di non essere qualcuno
fino al punto in cui nessuno prende forma
e non si fida, estirpa via
ciò che la vita ha costruito
e trova il niente dell’inizio, e non si fida
entra nel fuoco della notte
e strappa via il tutto dal niente
mentre si disinnesca l’impero della mente
in pura perdita, in un corpo trasparente.
Bello comodo
Seduto sul divano, coi pensieri
liberati dal dover pensare
tanto bene che male,
con lo sguardo rivolto ai piani alti,
gli verrebbe da dire a se medesimo
senza vergogna che
“non sarà mai tutto com’era prima”,
e forse non avrebbe neanche torto,
sempre che si potesse sapere in che cosa
mai quel prima fosse consistito
e da che parte andrebbe di grazia
quel che da qui si dipartisse
oltre il divano e la seduta
nei secoli dei secoli…
Bolle di mamma altrove
Ogni vita che conosco, sana e forte, va per la sua strada.
Tu mi domandi altrove, non mi spieghi
le vele della tua promessa noia e io non rido più non rido di te.
L’amore non esiste esiste solo il desiderio e quante sono, belle
di mamma, belle di papà, le bolle di sapone.
Altrove stiamo sani e forti.
Ci riposiamo in due.
Carità, sordità, vuoto
Chi non ha niente in sé sta nella paura
e chi ha paura si difende aggredendo.
Così va il mondo e vai tu
senza pensieri allontanandoti
da ciò che più spaventa: te,
quel buco di violenza dentro te
che resta chiuso in autocommiserazioni
e vede e sente solo la violenza altrui:
senza pietà né comprensione
per quanto sia di debolezza in altri,
sempre calata in un atto di guerra
supposto immaginato amplificato.
Tu contri tutti e contro te. Buongiorno!
I morti
Fare ora, da non più viventi,
ciò che per noi fu fare l’amore,
con tutti i sentimenti e la fiducia
dell’essere, tra noi, due splendidi mortali
calati qui secondo il caso,
sarebbecome attraversare il bosco ciechi
con la luna alta
per arrivare ai gerani di casa;
oltrepassare il rosso e il rosarancio,
inoltrarci tra i rami
fino alla terra nel vaso e lì scavare
un destino adeguato, più fondo
della nostra presenza supposta,
un sorriso di terra calato,
tanto calato nel vaso
da intimidire il rosso e il rosarancio:
un’esistenza complicata di lombrichi
che respirano alla luna
in questa notte nostra e profondissima.
Si tornerà così all’amore puro, imperituro,
che non tocca il vivente e custodisce
ciò che viene dall’alto, a tutto raggio
millesimando con la stessa indifferenza
i due corpi avvinghiati, la terra, i rami,
il rossorosa dei gerani.
Arcobaleno
Qui davanti alla finestra bellissimo
c’è un arcobaleno ogni tre giorni
che cantala gloria di Dio, e io
che me ne faccio?
Padre nostro
Quando la sofferenza sembra non ci lasci scampo
tutta la valle è all’ombra di una sola nuvola
e quei paesini al sole sull’altro versante
sono il limite bianco del pensiero
che dice che ciò che sta sotto è schiacciato,
che la parte soggiace a più leggi dell’interno.
Perchè gli ulivi le macchie di bosco
la strada coi cipressi i campi arati
la stalla dei vitelli il corso d’acqua
sono elementi d’ombra, indifferenti,
ciechi alla somma libertà del tutto,
alla sovrana intelligenza
della fonte della luce che è nei cieli.
C’è qualcosa di più importante della morte
e della nostra dedizione
perchè la nostra dedizione è poco nobile
ed è cieca, non sa nulla
e presume di sapere, si abbarbica
al dolore ed è un vessillo…
Fame, memoria
E adesso cosa faccio
che qui non è pronto niente
e tengo fame.
Aspetto che si faccia la polenta
e lì vedrò mia madre, nel suo volto
e le generazioni di morti di fame
come me, della mia terra, aspetto.
Diverse guerre
Dal finestrino si vede un gabbiano
risoluto contro fronti di nuvole veloci.
Ma queste facce umane
nello scompartimento contro che cosa
lottano se tutta la fatica
la fa il locomotore
che tutti ci trascina in dormiveglia.
Tutta la vita attiva chiama fuori
tra gli alberi nel vento.
Tutto il pensiero è segreto e sognato
dietro ciascuna faccia
di guardiano o guerriero viaggiatore.
Soldati due
Ogni tanto attraversa la strada una foglia
ed è leggera, intelligente,
spinta dal vento, che oggi non scherza,
o dalla mano di Dio, condiscendente,
senza che alcuno si chieda
perchè, se una foglia volando
ci taglia la strada, perchè,
se nessuno realmente ha una meta,
non fermiamo le auto e ci inchiniamo
all’arbitrio supremo
alla sua vetustà
o grande libertà, divinità?
Giro qui una discussione su Facebook su questo libro. Al lettore ogni giudizio:
Giacomo Vit
Non ti viene il dubbio che quella di Del Bianco sia una precisa scelta stilistica? Quella cioè di abbassare i toni della retorica, fino a giungere molto vicino al linguaggio parlato?
Andrea Ponso
la poesia di Dal Bianco potrebbe essere riassunta da un verso di Magrelli: “il nulla mi sostiene, finché dura”.
Giacomo Vit
Ci sono poesie che non hanno neppure quel nulla che le sostiene finché dura…
Andrea Ponso
non prendiamoci in giro: ma non si vede che il re è nudo???
Giacomo Vit
Sì, ma ci sono poeti che sembrano “vestiti”, ma in realtà sono nudi ancor di più…
Andrea Ponso
non voglio polemizzare, ma insomma … questo sarebbe spogliarsi? si sente un’aria talmente chiusa nei versi di Dal Bianco, una finta nudità iper-intellettuale … non lo so, a me fa venire in mente il climatizzatore e la temperatura finta, e quando esci ti prendi un raffreddore.
Giacomo Vit
Il tempo ci dirà se era un’aria chiusa… ma non credo…
Andrea Ponso
si, campa cavallo …
Giacomo Vit
Sono abbastanza non-giovane per aver visto poeti cadere nel giro di vent’anni e altri resistere…
Gabriele Marchetti
la verbosità di questi versi è davvero eccessiva, stancante…e per questo molti lo leggeranno e ancora di più lo apprezzeranno…valli a capire…ma se non c’è bellezza in un poeta, dove dovremmo cercarla?
Samuele Editore
Se devo dire la mia, come credo di senta dalla piccolissima prefazione che ne ho fatto, nemmeno io ne sono convinto… insomma… ma intanto registro che oggi questo libro fa portare a casa al suo autore seimila eurozzi… spero di riuscire ad andare oggi alla premiazione a vedere più che altro cosa ne dice Roberto Cescon a volte una buona critica veste uno strano libro
Diego Conticello
Spesso la capacità di resistere è più il risultato del sapersi vendere e pubblicizzarsi che dell’effettiva qualità testuale
Giacomo Vit
Diego: il tuo discorso vale per un decennio… ma sul lungo tempo l’opera resiste solo se ha valore…la storia insegna… Alessandro: è vero, sarà interessante sentire cosa dirà Cescon, mentre Galaverni si era già espresso sull’inserto del Corriere della Sera (peraltro con qualche perplessità sull’opera).E’ comunque un’opera che ha diviso lettori e critica. Comunque, sulla poetica di Del Bianco consiglierei di leggere “Poesia contemporanea dal 1980 a oggi” di Afribo (Carrocci) e “Secondo Novecento: lingua, stile, metrica” di R.Scarpa (Edizioni dell’Orso), non per apprezzarla, ma per capirne il percorso.
Diego Conticello
Ah beh poi afribo che fa la poesia dagli ottanta a oggi mettendobi soli sei o sette autori di cui è amico fa davvero un ‘opera completissima e irrinunciabile. Ma per favore
Andrea Ponso
il lavoro di Afribo, come tutti i lavori di scelta, è certamente opinabile; però bisogna dire che si farebbe come ha fatto lui, lavorando sulla forma, seriamente, con analisi testuali molto buone. per il resto, io continuo a credere che ormai si stia a…Altro
Giacomo Vit
Visto che vi “piace” Afribo,, allora integrate con La poesia moderna ed Mulino
Andrea Ponso
Giacomo Vit, sinceramente, davvero non è una provocazione, cosa ti convince di questo libro di dal bianco?
Samuele Editore
Onestamente il lavoro di Afribo era piaciuto molto anche a me – non era un volume che pretendeva di dire tutta la poesia del periodo analizzato, ma solo una parte strumentalizzata non per elogiare quegli autori ma per mostrare un metodo di analisi – e in effetti l’assenza di metodo di analisi della poesia sta creando un pò tutto questo caos
Samuele Editore
Giacomo Vit in effetti una tua piccola analisi della poesia di Dal Bianco la vorrei sentire anch’io
Diego Conticello
Andrea Ponso ha totalmente ragione sulla poesia come indistinzione che ricalca l’attuale vuoto sociale. Del resto la poesia ricalca sempre i tempi e oggi c’è proprio poco da ricalcare. Cmq fidatevi io ho studiato parecchi anni con afribo a padova e nel suo studio guarda caso ha messo quei pochi poeti che hanno accettato di venire al circolo filologico linguistico padovano e che ha conosciuto di persona. Avrei apprezzato al di lá della bontá del saggio che almeno avesse studiato uno o due autori che non gli abbiano fornito i testi di persona. Tutto qua
Andrea Ponso
del resto, anche mengaldo con la poesia contemporanea, o non ha detto niente, oppure ha cannato di brutto.
Giacomo Vit
Chiariamo. A me non piace la poesia di Dal Bianco, perché io ho un’altra concezione della poesia, e tu Samuele ed, lo sai bene. Tanto per capirci, io credo in una poesia che si avvale di certe figure retoriche. Io parto da lontano, parto da Rimbaud. Inoltre, fra i libri finalisti al premio in questione, se fossi stato in giuria probabilmente avrei optato per quello della Mancinelli. Chiarito questo, non accetto certi attacchi a chi propone un altro tipo di poetica, quasi insultandolo, anche perché, non dimentichiamolo, Dal Bianco è stato il curatore delle opere di Zanzotto. Quindi, se uno del suo livello e preparazione, decide di “abbassare” quasi a livello zero il suo linguaggio, non dobbiamo “sputargli addosso”, ma piuttosto discutere allo stesso livello, facendo un discorso più interno al testo, più letterario. Ripeto, non ho voluto difendere quel poeta, ma la sua proposta, che eventualmente va contrastata con i mezzi della critica, e non dell’insulto.
Giacomo Vit
Diego: Villalta ne parla bene in “Il respiro e lo sguardo”…
Diego Conticello
A volte la preparazione del critico non equivale al talento e alla resa effettiva del poeta. Questo è proprio il caso. Ad Andrea Ponso finalmente qualcuno che si accorge delle defaillances del mengaldo nazionale. Basta guardare i poeti esclusi dalla sua antologia per capire tutto. Quello per me è stato il massimo dei suoi disastri. In aula non esistevano poeti dopo sereni il che é tutto dire. Mai una parola su zanzotto figuriamoci dei poeti al di sotto di roma. Completamente dimenticate figure come scotellaro cattafi piccolo calogero ripellino che meritavano quantomeno una pagina un accenno di assenso
Diego Conticello
A proposito. Senza svalutare sereni guardacaso mengaldo e sereni erano amicissimi. E la stessa prassi l’ha adottata l’allievo prediletto. La pars macchiavellica di contini
Diego Conticello
Altro fenomeno in poesia villalta…. Li stai elencando tutti eh
Giacomo Vit
Se vuoi smontare Villalta, sei libero di farlo, ma fallo con strumenti critici, però,citando poesie e versi dove lui “cede”.
Samuele Editore
Condivido l’esigenza di Giacomo Vit di portare il discorso a un livello di testi e critica, le opinioni personali non servono a nessuno
Diego Conticello
Cmq a proposito di afribo non si può intitolare un saggio poesia contemporanea dal 1980 a oggi per poi mettere sei poeti. Sarebbe stato più onesto chiamarla sei poeti contemporanei e dire i nomi piuttosto che creare false aspettative non credete? Ci avrebbe fatto una figura assai migliore. Ad ogni modo per la mia visione del testo non vale proprio la pena perdere tempo a occuparsi di stili e poetiche che non condivido assolutamente. Meglio concentrarsi sul piacere del testo per poi analizzarlo
Diego Conticello
Giá ci sono infiniti libri da leggere. Se poi si perde tempo a leggere quelli di cui si conosce la cifra stilistica che non corrisponde al proprio gusto si è solo perso un tempo indefinito
Andrea Ponso
è giusto lavorare criticamente sui testi, solo che in questo ambito di commenti è molto difficile (non è una scusa). Tuttavia, alcune opere, come ad esempio questa di dal bianco, con quali strumenti critici veri e non presupposti dal fatto che l’autore sia anche un filologo di Zanzotto, si può fare? io non trovo “appigli stilistici” da valutare e giudicare (e questo accade anche in moltissima altra produzione poetica di oggi). la presupposizione che l’autore sia un buon critico o italianista dovrebbe farmi pensare che le sue decisioni in rapporto al testo sono fortemente meditate, va bene, e allora? se il risultato non c’è nel testo, se il testo scorre via e alla fine io rimango quello che ero prima di averlo letto significa che il testo non funziona, non vive, non si muove.
Riccardo Raimondo
Non posso fare un paragone accurato con tutti gli altri finalisti. Ma ho molto apprezzato questo libro, tanto che l’ho portato con me a Parigi.
Del Bianco sa commuovermi, e non ne farei una questione di elaborazione linguistica. Non capisco cosa c’è di male a utilizzare un linguaggio quotidiano – come se la poesia debba essere solo figlia di quel postmoderno sperimentale che vediamo nell’ultima produzione di Zanzotto. E, per l’appunto, che Del Bianco proponga questo linguaggio è significativo. Io francamente di Zanzotto amo il “lirismo giovanile”. Il resto della produzione mi lascia indifferente.
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