La morte moglie, Ivano Ferrari, Einaudi 2013
Recensione di Alessandro Canzian
E’ in uscita per Einaudi “La morte moglie”, di Ivano Ferrari (Mantova 1948). Volume che senza troppe sottigliezze o delicatezze traccia una linea di congiunzione tanto netta quanto acida e disillusa tra poesie ritrovate su un vecchio quadernetto all’epoca di Macello (come afferma Antonio Moresco in postfazione) e poesie scritte in morte della moglie. Una tematica comune lungo gli anni che vede la pena del vivere, il dolore, nella pena dell’essere carne. Tanto il piccolo puledro sporco di madre sul tavolo del macello quanto la bestia a cui dare più botte di quante ne regga quanto il tumore tragico che fa regredire al semplice e che porta l’autore a dire aiutami a sgomberare merda dal cuore. Un essere carne che vive e quindi muore in maniera grottesca, carnale. Ma da queste poesie emerge che il concetto di morte non è un annullamento dell’identità, della persona, piuttosto un percorso degradante verso il disfacimento della carne. Che è la persona A intendere che la morte è ancora vita finchè la stessa morte non ha più senso d’essere. Perchè tutto è corpo, e il corpo tanto animale quanto umano vive di se stesso e della propria reale essenza. Della propria misura anche. La palla del bambino è andata sulla merda / il bambino chiede palla alla merda. E in questo anche il linguaggio s’appiana verso un dire spesso scurrile, da verismo amaro, ma senza violenze lessicali che comunichino il dramma di un dolore o dell’esistenza. Perchè la morte da macello della vita è un morire lento (che è comunque un vivere) che ha in sé il tempo dell’accettazione, della riflessione, formalmente epigrammatica fino alla densità, alla prosa in versi, addirittura all’ironia. In un appiattimento del tono che restituisce puntualmente l’obiettivo comunicativo del libro e dell’autore: la paura non è niente di intero / la pace non contiene nulla.
da http://poesia.blog.rainews24.it/2013/10/28/ivano-ferrari-la-morte-moglie/
ripetitivo. cos’è, la pubblicità di un centro carni?
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Ma no dai Gabriele, il libro in sè funziona. Certo posso capire un certo monotematismo che se da un lato può essere criticabile da un altro lato non può che essere conferma di un’attenzione poetica vera. Insomma se per questo autore il mondo è questo, così lo dice. Secondo me funziona, non sarei così critico. Poi ovviamente è solo un’opinione personale.
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