Fu sempre certo di aver avuto molto
da Dio perchè ebbe te i due figli qualche ansia e affanni
sopportabili, cioè la verità che forse salva,
anche se non consola.
Giorgio Bàrberi Squarotti
Non ho risorse abbastanza per sentire
(non orecchi mani olfatto gusto)
se qui, in questa mucosa, il filo
di ferro del tuo corpo non
trafigga – intriso della tenebra
dei trapassati – la bestia il
cancro che il cuore può patire
quando dormi miniaturizzata e
bleu mourant è il nome dei colori
Ferruccio Benzoni
Accosto la fronte alla tua, si toccano, dico «È una frontiera».
Fronte a fronte: frontiera, mio scherzo desolato, ci sorridi.
Col naso ci riprovo, tocco il naso, per una tenerezza da canile:
«E questa è una nasiera» dico per risentire casomai
un secondo sorriso, che non c’è.
Poi tu metti la mano sulla mia e io resto indietro di un respiro.
«E questa è una maniera», mi dici.
«Di lasciarsi?», ti chiedo. «Si, così».
Erri De Luca
Dietro la porta nulla, dietro la tenda,
l’impronta impressa sulla parete, sotto,
l’auto, la finestra, si ferma, dietro la tenda,
un vento che la scuote, sul soffitto nero
una macchia più oscura, impronta della mano,
alzandosi si è appoggiato, nulla, premendo,
un fazzoletto di seta, il lampadario oscilla,
un nodo, la luce, macchia d’inchiostro,
sul pavimento, sopra la tenda, la paglietta che raschia,
sul pavimento gocce di sudore, alzandosi,
la macchia non scompare, dietro la tenda,
la seta nera del fazzoletto, luccica sul soffitto,
la mano si appoggia, il fuoco nella mano,
sulla poltrona un nodo di seta, luccica,
ferita, ora il sangue sulla parete,
la seta del fazzoletto agita una mano.
Antonio Porta
Quando si apriva il velario sul mondo
della mia fanciullezza, accorsi come
ad una festa promessa. Cadute
sono le meraviglie ad una ad una;
delle concette speranze nessuna
che mi valga, al ricordo, anche una lacrima,
anche un solo sospiro. Ma possiedo,
giovane amica, il tuo bacio, che assenze
fanno, e pietà di noi stessi, più raro.
Era questo la vita: un sorso amaro.
Umberto Saba
Sentirsi male sembra voler dire
che il dolore impedisce
l’ascolto di se stessi.
La malattia conduce
il suo corpo lontano,
troppo distante per essere udito.
Valerio Magrelli
Ride su me la primavera. Tornano
le rondini, si sa. Volano via
via le parole degli amici stolti.
Ritornano, per me, ora le antiche
parole dell’amore. In te, fanciullo,
splendono. Giuocano nei tuoi passi
incerti. Ma certa in me cammina
solitaria e tranquilla la felicità.
Sandro Penna
Siamo, infanti, a una soglia di bottega,
è tardi, non lasciano entrare.
Dentro cosa propinano
a chi, più tempestivo
di noi, è già all’interno
in fila presso il banco
e di noi rimasti fuori
si dimentica, non parla,
non ci rivolge uno sguardo?
Non si ha notizia. O ce ne sfugge il ricordo…
Mario Luzi
È quell’andare, di
continuo, da una sostanza
all’altra, uscire entrare.
La mia paura da viscido,
della poltiglia.
L’orrore, addirittura,
per la condizione anfibia.
Paolo Ruffilli
Ti ha portata novembre. Quanti mesi
dell’anno durerà la dolceamara
vicenda di due sguardi, di due voci?
Se io avessi una leggenda tutta scritta
direi che questo tempo che ci sfiora
ci appartiene da sempre. Ma non sono
che un uomo tra mille e centomila
ma non sei
che una donna portata da novembre
e un mese dona e un altro ci saccheggia.
Sei una donna
che oggi tiene un naufrago impaziente
dimmi tu
sei scoglio
o continente?
Luciano Erba
Lento sorridi al riflettore, attento,
amore in elemosina chiedendo.
Di me non sai. Non sai della tua eco
entro una barca vuota, ombra nell’ombra.
Sandro Penna
Ahimè come ritorna
sulla frondosa a mezzo luglio
collina d’Algeria
di te nell’alta erba riversa
non ingenua la voce
e nemmeno perversa
che l’afa lamenta
e la bocca feroce
ma rauca un poco e tenera soltanto…
Vittorio Sereni
Com’è alto il dolore.
L’amore, com’è bestia.
Vuoto elle parole
che scavano nel vuoto vuoti
monumenti di vuoto. Vuoto
del grano che già raggiunse
(nel sole) l’altezza del cuore.
Giorgio Caproni
Io spero che un giorno
tu faccia la fine dei falchi,
belli alteri dominanti
l’azzurrità più vasta,
ma soli come mendicanti.
Salvatore Toma
Lama di luce da una vasistas.
Una persona, uomo o donna, a letto
in una stanza d’ospedale, la testa sollevata,
le braccia lungo il corpo, immobile.
La luce va crescendo lentamente.
Patrizia Valduga
Milano era asfalto, asfalto liquefatto. Nel deserto
di un giardino avvenne la carezza, la penombra
addolcita che invase le foglie, ora senza giudizio,
spazio assoluto di una lacrima. Un istante
in equilibrio tra due nomi avanzò verso di noi,
si fece luminoso, si posò respirando sul petto,
sulla grande presenza sconosciuta. Morire fu quello
sbriciolarsi delle linee, noi lì e il gesto ovunque,
noi dispersi nelle supreme tensioni dell’estate,
noi tra le ossa e l’essenza della terra.
Milo De Angelis
Grazie caro
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grazie. Mi oppongo alla Valduga in così buona compagnia. È talmente montata da aver sostenuto, su non so quale giornale, che “Leopardi era un poetucolo così così.” Di egotismo, oggigiorno, ne ho abbastanza.
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Non sono a conoscenza di questo fatto. Purtroppo però spesso bisogna disgiungere il poeta dalla persona per poter apprezzare la poesia. Su questo sono d’accordo.
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